Il corallo siciliano è della specie Corallium Rubrum, ciascun ramo di corallo è lo scheletro calcareo di colonie di piccolissimi polipetti, comunemente chiamati coralli. Essi vivono in colonie e si riproducono per via asessuata. Cresce normalmente ad una profondità variabile tra i 50 ed i 200 metri nel Mar Mediterraneo.
Il colore e l’aspetto dipendono in generale dal luogo e dalla profondità in cui la colonia vive, cosicchè la sua colorazione varia dall’arancio intenso al salmone-rosa pallido al color rosso vivo.
Un corallo unico al mondo
Il più famoso in Sicilia è quello di Sciacca con caratteristiche specifiche che lo distinguono da tutti gli altri tipi. Esso proviene da un sistema di scogli sommersi intorno l’ Isola Ferdinandea. Un isolotto di origine vulcanica attualmente sommerso nel Canale di Sicilia tra Sciacca e Pantelleria, la cui storia è al tempo stesso eccezionale e divertente.
Questo fa si che esso sia caratterizzato da macchie brunastre e talvolta nere, testimonianza della sua origine vulcanica, fino ad arrivare al color brunato intenso del corallo fossile, ossia “bruciato” dalle altissime temperature raggiunte durante i fenomeni vulcanici.
L’ Isola che non c‘è
Per la divertente storia legata all’ Isola Ferdinandea vi consiglio la lettura di “Dell’isola Ferdinandea e di altre cose” di Salvatore Mazzarella edito da Sellerio Editore.
Vi anticipo solo che essa emerse nel 1831 in un inferno di fuoco e fenomeni vulcanici per poi scomparire dopo circa un anno, suscitando l’interesse di scienziati e curiosi. Nella Carta Geografica della Sicilia edita da Pagnoni del 1865 è possibile vedere la sua posizione al largo delle coste di Sciacca.
Oggi l’Isola Ferdinandea è uno scoglio di roccia a forma di piattaforma, sotto il livello del mare tra i 6 e gli 8 metri ed a circa 30 miglia dalla costa di Sciacca (AG).
E’ tutt’ora oggetto di contese tra la Casa Reale Britannica che lo battezzò Graham Island apponendo la propria bandiera, quella Reale dei Borboni in onore di Re Ferdinando che chiamò Isola Ferdinandea ed infine la Casa Reale francese facendo riferimento al mese in cui emerse, chiamò Julia.
Tra storia, mito e poesia
La scoperta del corallo sull’Isola Ferdinandea e sui banchi di roccia limitrofi avvenne prima dei fatti di metà 1800. Il corallo ed il suo utilizzo come ornamento o per la realizzazione di amuleti e di monili risale alla Preistoria ed alla Protostoria.
Infatti fin dai tempi antichi il corallo è stato considerato un potente amuleto contro la malasorte, utilizzato per proteggere contro le avversità della vita e della natura in particolare.
Nell’ Antica Grecia la leggenda racconta che Perseo dopo aver decapitato la gorgone Medusa, si sedette su una spiaggia e poggiò la testa sanguinante del mostro sulla riva. La capacità del mostro mitologico era quella di pietrificare con lo sguardo gli umani e cosicché il sangue sgorgando dalla testa mozzata di Medusa pietrificò le piante trasformandoli in coralli.
In Sicilia, la storia della sua scoperta è legata alla leggenda locale del Pescatore Bettu detto Ammareddu, che durante una battuta di pesca al largo di Sciacca con i due compari: Bettu detto Occhidilampa e Peppe Muschidda, vide cadere in mare la catenina d’oro, prezioso regalo della sua amata Tina. Disperato si tuffò in acqua per recuperarla, ma riemerse con la scoperta del corallo senza riuscire a trovare il suo prezioso regalo.
La poesia in dialetto siciliano di Vincenzo Licata descrive bene l’evento:
Vosi assummari pi pighiari ciatu,
cu ddu tisoru di lu nostru mari.
E a bordu chi l’avianu p’annigatu,
quann’è chi si lu vittiru affacciari
gridaru tutti:”Si misi a cavaddu!
Bettu Ammareddu truvau lu curaddu!
Ci fu na festa in tutta la marina,
e la notizia si spargiu luntana.
S’armau la nova varca curallina,
la Sciacchitana e la Napulitana;
Turri di Grecu fici la Regina,
chi si jinchiu la varca sana-sana;
ma la midagghia di la bedda Tina
Ristau ‘n-funnu a la Sicca Sciacchitana.
Poesia “La Corallina” di Vincenzo Licata
La lavorazione e la pesca
Cosi ebbe iniziò la corsa all’oro rosso di Sicilia e la produzione degli Splendori di Sicilia in corallo: Oggetti, Amuleti e Gioielli, lavorati dalle famiglie dei corollari siciliani, che da intere generazioni si tramandano gelosamente l’arte e le tecniche della sua lavorazione.
La pesca del corallo ha origini antichissime, difficile datarne l’inizio, ma di certo possiamo affermare che già nel 1700 esso veniva pescato con tecniche ingegnose, come la croce di Sant’Andrea, strumento usato dai pescatori trapanesi come documenta la stampa del Salmon.
Oggi la pesca del corallo è vietata e rigidamente controllata nel rispetto delle normative anti frodo, poiché la raccolta massiccia ed illegale ha causato la quasi estinzione della colonia dei coralli presenti. L’inquinamento dei mari ha fatto il resto.
Il tentativo è quello di ripopolarli ricreando l’habitat naturale, ma dovranno passare secoli prima che i piccolissimi polpetti “costruiscano” lentamente i nuovi rami.